Fratture e classificazioni

(Curato da Guido De Luca – Fisioterapista)

La frattura è una lesione potenzialmente grave, dato che nella maggior part dei casi il danno si protrae anche ai tessuti molli, tendini, muscoli, legamenti, tessuto cutaneo e sistema vascolare, e sono generalmente conseguenza di un trauma diretto o indiretto. Le fratture possono essere catalogate in trasversali, comminute, oblique e spirali. Si parla di frattura esposta nei casi in cui l’osso fratturato perfora la cute,  mentre quando non fuoriesce dal tessuto cutaneo si definisce frattura chiusa o semplice. Se la frattura coinvolge una articolazione viene definita frattura articolare. L’obiettivo primario, per una corretta riduzione della frattura, è quello di riportare i monconi dell’osso fratturato in un allineamento ideale e normale attraverso una manipolazione. Come anticipato, i tessuti molli adiacenti il sito di lesione possono essere coinvolti in maniera significativa, con importanti lesioni ed emorragie, rallentando il processo di guarigione e convalescenza. Non son da escludere anche lesioni che interessano il sistema nervoso periferico generati da un moncone tagliente o appuntito. Si parla poi di fratture composte quando non necessita un riallineamento dell’osso e generalmente riguarda bambini,  dato che la loro struttura ossea è ancora in formazione e presenta un tessuto osseo più elastico che rigido. Sembra doveroso ora, fare un cenno alle fratture da stress, esistono due teorie sulle cause delle fratture da stress.     La prima denominata “la teoria della fatica”, è determinata da uno sforzo ripetuto e protratto nel tempo, dove il carico, nell’esempio del podista, non più supportato dai muscoli, viene trasferito allo scheletro oltrepassando la soglia di tolleranza. La seconda, “teoria del sovraccarico”, è basata sul fatto che alcuni gruppi muscolari generano una flessione dell’osso nei punti di inserzione tale da produrre una lesione.    Le fratture da stress trovano terreno fertile nell’osso della tibia, del perone e del metatarso, una localizzazione decisamente più grave avviene a livello del collo del femore, anche se in percentuale minore, richiede non di rado l’intervento chirurgico. Per una buona prevenzione necessiterebbe una corretta impostazione del metodo di allenamento, in accordo con l’allenatore, rispettando il progressivo adattamento delle strutture anatomiche interessate.

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