Idrokinesiterapia e Palestra

(Curato da Guido De Luca – Fisioterapista)

Spesso la riabilitazione ortopedica, che sia post-traumatica o post-operatoria, si avvale dell’idrokinesiterapia, questa tecnica riabilitativa trova sempre più consensi tra gli operatori del settore. L’integrazione e  lo sviluppo di protocolli personalizzati ha permesso di velocizzare i processi di guarigione attraverso una sapiente miscela di “acqua e terra”, prevedendo quindi nuovi protocolli di lavoro divisi in due parti: una in acqua  ed una in palestra.

L’idrochinesiterapia ha un valore puramente fisioterapico. La parziale assenza di gravità e ad alcune caratteristiche fisiche intrinseche dell’acqua come la viscosità e la temperatura, insieme ad un fisiologico riequilibrio posturale,  indicano un trattamento di idrokinesiterapia, proposta motoria ideale per far eseguire ad una persona con limitazioni funzionali, attività motorie impossibili o comunque difficili da eseguire in palestra.

E’ bene precisare che la riabilitazione in acqua va considerata parte di un programma riabilitativo, generalmente parte iniziale, ed è quindi  da considerarsi complementare a tutte le altre tecniche riabilitative a disposizione del terapista della riabilitazione. L’obiettivo primario resta l’autonomia del paziente quindi un paziente non viene trattato esclusivamente in acqua, ma si utilizzano anche altre tecniche riabilitative che si ritengono più efficaci nei casi che la terapia in acqua mostra i suoi limiti.

Ogni gesto motorio che il paziente esegue in acqua, compresa la deambulazione,  osserva un concetto di globalità, dove varie sfere vengono coinvolte, da quella sensoriale-motoria a quella cognitivo-emozionale. L’atleta convalescente scopre una modalità sensoriale e una motricità diverse, meno dolorose, più propense alle esplorazioni articolari e agli allungamenti muscolari, sensazioni piacevoli e psicologicamente costruttive. Inoltre l’attività motoria in acqua, offre la possibilità di recuperare schemi ed immagini di movimento, generalmente appannate dall’inattività forzata a cui è costretto l’atleta.

Affinché un atleta, in un programma di riabilitazione post-traumatica, transiti per gli ambienti di idrokinesiterapia, necessitano determinati obiettivi, dipendenti o meno dalla patologia di cui è affetto. Possiamo riassumere quindi gli obiettivi primari che orientano il paziente verso un trattamento di idrokinesiterapia:

  1. Riequilibrio posturale
  2. Schema corporeo
  3. Esercizio eccentrico (forza ed elasticità)
  4. Profilo psicologico (ripresa delle attività sportive agonistiche)

Stabilito che l’atleta entra in vasca per un trattamento di idrokinesiterapia, si valuta la sua capacità acquatica prima di approntare un programma di lavoro, sembra superfluo precisare che chi gode di un ottimo rapporto con l’acqua è decisamente avvantaggiato rispetto a coloro che hanno paura dell’acqua e quindi tendenti a schemi difensivi o inibitori.

Essere dotati di una buona acquaticità significa essere dotato di schemi motori complessi ed unici nel loro genere, e più ricca è l’attività motoria in acqua più gli stimoli recettoriali diventano efficaci. Comunque attraverso un percorso di ambientamento molti pazienti  possono  praticare l’idrokinesiterapia per migliorare le condizioni neuromotorie necessarie allo svolgimento delle attività di vita quotidianità.

La differenza principale, in linea generale, che si pone tra un trattamento in palestra ed uno in piscina, in fase sub-acuta, è determinata fondamentalmente da tre cose:

    1. La motricità, in piscina grazie a tutti gli elementi dell’acqua, la motricità è precocemente coinvolta, si velocizzano i processi di cicatrizzazione con un fisiologico modellamento tissutale e nella maggior parte degli esercizi e delle attività è di tipo globale, la postura poi trova un riequilibrio spontaneo con attivazioni di schemi motori misti e complessi ma che osservano sempre l’insieme. In palestra il lavoro al lettino è riduttivo, le attività motorie sono sempre di tipo segmentario, la riacutizzazione è sempre presente e gli step verso la guarigione sono più lenti e difficoltosi.
    2. Il carico, la possibilità in acqua di esercitare un carico precoce da al paziente la spinta necessaria all’autonomia negli spostamenti, nella riorganizzazione spaziale ed nel controllo globale della motricità. Purtroppo in palestra il carico, (quando consentito), non permette attività motorie di tipo complesso, il peso risulta eccessivo esponendo il paziente a riacutizzazioni o a ulteriori infiammazioni generate dal carico stesso, come ad esempio: microtraumi, infiammazioni, versamenti articolari, dolori, edemi, cause di ritardi del recupero funzionale
    3. Gli esercizi eccentrici in acqua permettono esercizi muscolari selettivi che impegnano la muscolatura sinergica in maniera ideale. In palestra l’assenza della “densità” dell’acqua si fa sentire, il segmento corporeo sospeso nel vuoto fa risultare difficoltoso il controllo inficiando l’esercizio, la caduta per inerzia di un arto nel vuoto assume toni diversi fuori dall’acqua.

Un ultima precisazione sembra doveroso farla, l’idrokinesiterapia riveste un ruolo importante non solo nei progetti di riabilitazione ma anche nei trattamenti tesi alla conservazione, grazie allo scarico articolare determinato dalla diminuzione dagli effetti della gravità, si riducono sensibilmente gli inconvenienti che si possono incontrare in palestra. Il recupero articolare viene facilitato per effetto del rilassamento muscolare diffuso generato dalla temperatura gradevole dell’acqua, e la rapida diminuzione del dolore intra-articolare evita l’insorgenza di meccanismi di autodifesa, tipici della palestra.

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