Lesione Parziale Tendine Achilleo

(Curato da Guido De Luca – Fisioterapista)

La stragrande maggioranza degli sport che coinvolgono l’arto inferiore, con particolare riferimento alla caviglia, espongono gli atleti a patologie divenute oramai “tipiche” , queste sono generate generalmente da un sovraccarico funzionale, o da un uso intenso e prolungato e purtroppo coinvolge un po’ tutte le categorie di atleti, in guisa maggiore podisti e saltatori. Una di queste patologie che quindi affligge gli atleti di diverse discipline e la lesione parziale del tendine di achille, questa patologia spesso tende alla cronicizzazione e innesca una degenerazione progressiva della struttura portante creando problematiche piĂą estese.

La lesione determina la formazione di tessuto cicatriziale, questo di frequente, invece di determinare una riparazione funzionale, altera e degenera la struttura del tendine stesso, producendo una forte tendenza alla cronicizzazione della patologia.

Nel caso di un evento lesivo, il dolore si manifesta spesso al termine dell’attivitĂ  sportiva, pungente, lancinante con localizzazione netta, a volte apprezzabile alla palpazione,  infatti quando la lesione è in fase acuta si può apprezzare una lacuna del tendine di un terzo di centimetro, diverso è il caso di una riacutizzazione della lesione, dove il paziente lamenta dolore alla fine della performance e non durante le fasi di riscaldamento, questa condizione conduce l’atleta in un circolo vizioso dove la cronicitĂ  intensifica l’algia e quindi contenuta con protocolli di conservazione.

La rapida diminuzione della forza determina una altrettanta rapida ipotrofia dei muscoli del polpaccio, la certezza diagnostica è comunque determinata da una risonanza magnetica, infatti fornisce minuziosi dettagli sulla localizzazione della lesione come pure la sua estensione tissutale, l’ecografia può aiutare a confermare la diagnosi, ma anch’essa da sola, permette una corretta valutazione dell’entitĂ  del danno. Molti atleti cronici ricorrono alla chirurgia tesa alla rimozione dei tessuti danneggiati, con post-operatori decisamente lunghi, anche perchè il trattamento conservativo è infine risultato fallimentare.
La fase acuta dopo 24 ore dall’evento, il tendine presenta tumefazione e rigiditĂ  estesa, alterazione del profilo e dolore intenso e diffuso, diventa importante la gestione dell’infiammazione, si può utilizzare la tecnica P.R.I.C.E. (Protection, Relax, Ice, Compression, Elevation) per le prime 72 ore, evitando il carico, prevedere quindi una deambulazione con due bastoni canadesi e un tutore rigido per la prime due settimane. Dopo una accurata valutazione della lesione, e orientati a non intervenire chirurgicamente, si decidono con l’ortopedico i tempi di tenuta del tutore, prevedendo un programma di esercizi basato sostanzialmente sulla mobilizzazione cauta e assistita della caviglia, e sullo stretching statico.
A circa 40 giorni dall’intervento chirurgico, come prima proposta terapeutica ci si orienta verso l’idrokinesiterapia, attivitĂ  motoria con la possibilitĂ  di lavorare in catena cinetica chiusa precocemente, sempre e comunque rivolta alla globalitĂ  dei movimenti e alla armonizzazione del gesto sportivo, assenza di peso, possibilitĂ  di carico progressivo, attivazioni di funzioni motorie complesse, organizzazioni spaziali e fisiologico ripristino dell’equilibrio posturale, contribuiscono ad una guarigione tissutale veloce, organizzata e strutturata in una funzione naturale e fisiologica.
Per una ripresa delle attivitĂ  sportive purtroppo i tempi sono relativamente lunghi, dovranno trascorrere necessariamente 6/8/10 mesi per una cicatrizzazione adeguata, anche se si deve tenere bene in considerazione, durante l’intera fase del programma riabilitativo, una folta schiera di fattori capaci di determinare sostanziali modifiche nei tempi di recupero: etĂ , entitĂ  della lesione, localizzazione della lesione, qualitĂ  della riabilitazione, psicologia dell’atleta, cure farmacologiche adeguatissime, etc, etc,

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