Meniscectomie e Condropatie

I menischi hanno un ruolo essenziale nella meccanica articolare del ginocchio: agiscono come ammortizzatori riducendo il carico cui sono sottoposte le superfici articolari assorbendo circa il 50% del carico in estensione e 80% quando il ginocchio è a 90° di flessione, inoltre diminuiscono gli attriti ed aumentano la stabilità del ginocchio sia migliorando la congruità articolare sia agendo come strutture propriocettive. La loro rimozione conduce a progressive alterazioni degenerative;  una meniscectomia totale riduce, infatti, la superficie di contatto di circa il 50% ed amplifica la deformazione complessiva della cartilagine articolare sull’osso subcondrale in posizione ortostatica. Il supporto ematico dei menischi è limitato alla porzione più periferica 25 – 30% del menisco stesso ed origina dai tessuti molli circostanti: la membrana sinoviale e la capsula. Arnoczky e Webber hanno descritto i fenomeni riparativi per cui le lesioni che sono in connessione con la porzione vascolare possono guarire attraverso la formazione di una cicatrice di tessuto fibrocartilagineo la cui resistenza non è ancora stata determinata con precisione.

La tendenza attuale è quindi di salvare i menischi suturandoli o comunque asportando meno tessuto possibile laddove non vi siano le indicazioni ad una sutura e lasciando una porzione residua regolare. Diversi autori hanno dimostrato che esiste una correlazione tra la quantità di tessuto meniscale asportato e la conseguente alterazione di struttura e funzione del menisco. Le lesioni della cartilagine articolare del ginocchio sono di frequente riscontro nell’atleta e spesso sono associate a danno meniscale. Il ruolo delle lesioni meniscali nella patogenesi delle lesioni cartilaginee femoro – tibiali rimane tuttora oggetto di molte discussioni. Nonostante sia comunemente accettato che le lesioni mensicali possono condurre a degenerazione cartilaginea femoro – tibiale, molti studi giungono a risultati contraddittori riguardo gli effetti di una meniscectomia parziale in un ginocchio con preesistente danno condrale e riguardo il nesso causale tra le due lesioni. Alcuni autori ritengono persino che più che una concomitanza si tratti di una coincidenza. Noble conclude che le due condizioni possono coesistere piuttosto che essere correlate. Zamber  ha dimostrato che una lesione meniscale instabile non trattata può condizionare l’instaurarsi di una condropatia. Dandy ha evidenziato le correlazioni esistenti tra condropatia e tipo di lesione meniscale, età del soggetto e tempo intercorso fra tmuma ed intervento. Casscells,  minimizza l’associazione di lesioni meniscali e cartilaginee e conclude che un menisco rotto non sempre porta a danno della cartilagine, altri meccanismo, infatti, sono alla base della condropatia che spesso precede il danno meniscale. Una correlazione positiva comunque è stata trovata tra il tempo trascorso dal momento della lesione al trattamento chirurgico e la gravità delle lesioni riscontrate.

Le lesioni condrali del comparto mediale sono molto più frequenti di quelle del comparto laterale indipendentemente dalla presenza o meno di una lesione meniscale, comunque le lesioni mediali sono più frequentemente associate a danno condrale di quelle laterali; il comparto interno è normalmente sottoposto a carichi più elevati ed in caso di lesione meniscale risente maggiormente degli aberranti centri di movimento che si vengono a creare; in particolare una lesione meniscale instabile determina movimenti anormali dell’articolazione che producono aumentate forze di taglio e di compressione che si scaricano direttamente sulla cartilagine articolare creando danni in uno o più comparti. Le lesioni meniscali stabili hanno meno possibilità di produrre danni cartilaginei mentre le lesioni a manico di secchia, i flaps e le lesioni inferiori con piano di clivaggio orizzontale sono più frequentemente associate a degenerazione cartilaginea. Purtroppo i sintomi riferiti dal paziente non sono un sicuro indice predittivo dello stato della cartilagine articolare, e spesso la degenerazione cartilaginea riscontrata all’esame artroscopico è di un grado più elevato di quanto si potesse ritenere prima dell’intervento.

In conclusione, riteniamo verosimile affermare: “non tutte le lesioni meniscali portano a danno cartilagineo, non tutte le condropatie sono associate a danno meniscale, tutte le condropatie con danno meniscale portano all’artrosi che può interessare lo stesso compartimento, quello opposto o tutti e due”. Consideriamo quindi fondamentale un preciso bilancio intra operatorio dell’articolazione del ginocchio volto a svelare iniziali sofferenze cartilaginee; crediamo nella “salvaguardia dei menischi a tutti i costi” informando ed istruendo il paziente prima dell’intervento, circa i tempi di recupero necessari per la riabilitazione che varierà a seconda del tipo di lesione riscontrata ed il trattamento eseguito.

Programma riabilitativo condrite femoro-tibiale

L’arto viene mantenuto in scarico per 4/8 settimane e la deambulazione avviene con l’ausilio di 2 stampelle; consigliamo l’utilizzo di una calza elastica contenitiva. Le terapie vengono effettuate quotidianamente: le sedute si dividono equamente tra lavoro in acqua ed in palestra; viene effettuato il massaggio dello sfondato sovrarotuleo e delle cicatrici con mobilizzazione rotulea ed articolare. Non ricerchiamo la flessione troppo precocemente oltre i 900, mentre è indispensabile raggiungere la completa estensione per ottenere una migliore distribuzione del carico. Il lavoro attivo di “rinforzo muscolare” inizia sul lettino con esercizi contro resistenza manuale e tecniche
di facilitazione neuro muscolare. Gradualmente il lavoro con il terapista viene affiancato ed integrato da esercizi con elastici, con macchine isotoniche ed isocinetiche.

Malgrado il lavoro in catena cinetica chiusa inizi immediatamente, si tende a limitarlo agli ultimi gradi di estensione aumentando l’escursione gradualmente; vengono inoltre effettuati esercizi ad arto teso, per gli ischiocrurali, il tricipite surale ed i glutei. In acqua, invece la rieducazione al carico ed alla deambulazione inizia già nelle primissime sedute e viene associata ad un buon lavoro di mobilizzazione attiva, ad esercizi propriocettivi e nel caso di un atleta, ad un progressivo lavoro aerobico. Il carico in palestra viene introdotto in accordo con il chirurgo; da questo momento, facilitati dal lavoro già effettuato in acqua, viene condotta anche a secco una progressiva rieducazione al carico ed al cammino, che porterà il paziente ad un graduale abbandono delle stampelle.

Successivamente si inseriscono le fondamentali esercitazioni propriocettive su piani instabili a carico e difficoltà crescente. Mentre continua il rinforzo muscolare nelle modalità già descritte il lavoro in catena cinetica aperta, verrà introdotto solo dopo aver raggiunto un buon tono – trofismo generale dell’arto in considerazione della presenza di eventuali patologie associate. La metodica isocinetica può offrire un ottimo contributo, soprattutto in presenza di condropatie femoro rotulee, dove il lavoro deve essere inizialmente ristretto agli ultimi gradi di estensione impiegando velocità angolari medio – alte. Solo in un secondo momento il paziente verrà allenato con estursioni angolari più ampie. Nel caso di un atleta, il protocollo riabilitativo verrà completato con attività dinamiche e torsionali, fondamentali per la prevenzione di eventuali recidive.
Consigliamo la ripresa dell’attività sportiva dopo circa 6 mesi.

Prevenzione condropatie post meniscectomie

Il paziente divide equamente il lavoro in acqua ed in palestra; viene effettuato il massaggio dello sfondato sovrarotuleo e delle cicatrici con mobilizzazione rotulea ed articolare. Non ricerchiamo la flessione troppo precocemente oltre i 900, mentre è indispensabile raggiungere la completa estensione per ottenere una migliore distribuzione del carico. Il lavoro attivo di “rinforzo muscolare” inizia sul lettino con esercizi contro resistenza manuale e tecniche di facilitazione neuro muscolare.

Gradualmente il lavoro con il terapista viene affiancato ed integrato da esercizi con elastici, con macchine isotoniche ed isocinetiche. Malgrado il lavoro in catena cinetica chiusa inizi subito, si tende a limitarlo agli ultimi gradi di estensione aumentando l’escursione gradualmente; vengono inoltre effettuati esercizi ad arto teso, per gli ischiocrurali, il tricipite surale ed i glutei. In acqua, invece la rieducazione al carico ed alla deambulazione inizia già nelle primissime sedute e viene associata ad un buon lavoro di mobilizzazione attiva, ad esercizi propriocettivi e nel caso di un atleta, ad un progressivo lavoro aerobico. Il carico in palestra viene introdotto in accordo con il chirurgo; da questo momento, facilitati dal lavoro già effettuato in acqua, viene condotta anche a secco una progressiva rieducazione al carico ed al cammino, che porterà il paziente ad un graduale abbandono delle stampelle. Successivamente si inseriscono le fondamentali esercitazioni propriocettive su piani instabili a carico e difficoltà crescente.

Mentre continua il rinforzo muscolare nelle modalità già descritte il lavoro in catena cinetica aperta, verrà introdotto solo dopo aver raggiunto un buon tono – trofismo generale dell’arto in considerazione della presenza di eventuali patologie associate. La metodica isocinetica può offrire un ottimo contributo, soprattutto in presenza di condropatie femoro rotulee, dove il lavoro deve essere inizialmente ristretto agli ultimi gradi di estensione impiegando velocità angolari medio – alte. Solo in un secondo momento il paziente verrà allenato con estursioni angolari più ampie. Nel caso di un atleta, il protocollo riabilitativo verrà completato con attività dinamiche e torsionali, fondamentali per la prevenzione di eventuali recidive.
Consigliamo la ripresa dell’attività sportiva dopo circa 6 mesi.

Riabilitazione post meniscectomia

Nel caso di una meniscectomia parziale, chiaramente i tempi di recupero si abbassano drasticamente. Il carico viene concesso più o meno liberamente fin dal primo giorno. In questo caso la ginnastica propriocettiva, statica e dinamica assume un’importanza fondamentale e potrà essere utilizzata nelle sue forme più fantasiose. Il rinforzo muscolare avviene comunque in modo graduale e progressivo. Dopo un mese dall’intervento viene effettuato un test isocinetico comparativo bilaterale e, verificato l’equilibrio muscolare flessori/estensori tra l’arto sano e quello malato. Una volta raggiunta la normalizzazione di questi parametri potrà essere ripresa l’attività sportiva.

Riabilitazione post sutura meniscale

Se la lesione del menisco viene suturata o riparata con ancorette consigliamo carico parziale per due settimane; talora viene utilizzato un apposito tutore. Non vengono superati i 900 di flessione, anche passiva per i primi 15/20 giorni per non sottoporre ad eccessivo stress la sutura. Anche in questo caso la riabilitazione si divide tra palestra e piscina; in vasca, sfruttando la spinta idrostatica, viene effettuato il lavoro in carico, la rieducazione al camminoe tutti gli altri esercizi dove l’acqua viene in aiuto diminuendo il carico gravitazionale. Sul lettino viene condotta invece la mobilizzazione articolare e si intraprende il rinforzo muscolare; rinforzo che progredirà come sempre
aggiungendo gradualmente esercizi ad arto teso con elastici, per gli ischiocrurali, per i glutei e per il tricipite. Gli esercizi a catena cinetica chiusa iniziano immediatamente ma con carico parziale ed escursione limitata. Molta attenzione va rivolta alla protezione del ginocchio da pericolose torsioni durante tutto il primo mese. Diventa fondamentale rieducare l’arto alle attività dinamiche e torsionali prima della ripresa dell’attività sportiva. Rispetto ad una normale meniscectomia i tempi risultano così decisamente allungati. Come sempre è importante modulare e graduare le nostre proposte: gli esercizi in catena cinetica aperta verranno come sempre introdotti in un secondo
momento; si inizierà con contrazioni isometriche negli ultimi gradi di estensione per poi passare ad un lavoro isotonico ed isocinetico effettuando il primo test dopo circa 60 giorni dall’intervento. Consigliamo il ritorno allo sport dopo circa tre mesi.

In sintesi

Danno Condrale
– Scarico completo per 4/8 settimane
– Immediata rieducazione alla deambulazione e lavoro in carico in acqua
– Raggiungimento estensione completa
– Gradualità degli esercizi proposti
– Rieducazione alle attività dinamiche ed alle torsioni
Sutura Meniscale
– Scarico completo per 7/15 giorni
– Flessione non superiore a 90° per 15/20 giorni
– Protezione dalle torsioni nei primi 30 giorni
– Immediata rieducazione alla deambulazione ed al carico in acqua
– Gradualità degli esercizi proposti
– Rieducazione alle attività dinamiche ed alle torsioni

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