Nozioni delle Onde d’Urto

Da un punto di vista fisico sono definite come onde acustiche ad alta energia.


Sono, impulsi pressori con tempi brevissimi di salita del fronte (10 miliardesimi di secondo) e di durata (dell’ordine di 2 – 5 milionesimi di secondo) che generano una forza meccanica diretta con l’obiettivo principale di trasferire energia sui tessuti corporei, per stimolarne i processi riparativi.

Vengono generate in acqua e propagate attraverso i liquidi corporei e i tessuti molli, con una ridotta attenuazione a causa delle simili densitĂ .
Quando l’onda d’urto raggiunge il confine esistente tra le sostanze di differente densitĂ  o impedenza acustica, si generano stress compressivi, che superano la resistenza elastica della sostanza a densitĂ  maggiore.
Gli effetti pressori prodotti dalle onde d’urto sono capaci di indurre a livello della “zona bersaglio”:

riduzione dell’infiammazione locale, miglioramento dell’irrorazione dei vasi capillari e nuova vascolarizzazione, riassorbimento dei depositi calcifici, riattivazione dei processi riparativi, nonchĂ© diminuzione del dolore.

Vediamo quindi come agiscono:
Il meccanismo d’azione delle onde d’urto sui tessuti viventi (osso, tendini, legamenti e, come vedremo, anche la cute) è profondamente diverso da quello esercitato su strutture “non vitali” ed inerti, come i calcoli renali.
I tessuti viventi, invece, quando vengono attraversati dall’onda d’urto (anche in questo caso, utilizzando livelli di energia adeguati per sede di trattamento ed effetto terapeutico desiderato), non si frantumano come i calcoli renali, né subiscono lesioni, bensì una sorta di benefico “micro-idromassaggio”, in grado di promuovere una serie di reazioni biochimiche e cellulari, responsabili, in ultima analisi, dell’effetto terapeutico.
E le stesse formazioni calcifiche, che spesso si riscontrano in sede di tendini e legamenti infiammati, non sono paragonabili per consistenza e composizione, ai calcoli renali; anche nel caso delle calcificazioni tendinee, il meccanismo che può portare alla loro scomparsa, dopo trattamento con onde d’urto, non è legato ad un’azione meccanica diretta (di “rottura”), bensì ad un loro scioglimento, per attivazione di processi biochimici locali.
Gli studi clinici e sperimentali degli ultimi anni sono stati rivolti a capire il meccanismo sorprendente per cui da una stimolazione puramente meccanica (onda d’urto) si possano ottenere effetti biologici.

Tali effetti biologici (antinfiammatorio, antidolorifico, antiedemigeno, e di incremento della vascolarizzazione locale, così come dei processi di riparazione tissutale), sarebbero legati all’a ttivazione di specifiche catene enzimatiche, nonché alla produzione di specifici mediatori e fattori di crescita, responsabili, in ultima analisi, degli effetti terapeutici.
Ed anche a livello dell’osso (tessuto vivente “duro” per eccellenza), ai livelli di energie utilizzate oggi in campo terapeutico, piĂą che delle vere e proprie microfratture, si è in grado di stimolare l’attivitĂ  degli osteoblasti (cellule deputate alla formazione di nuovo tessuto osseo), favorendo i processi riparativi. Potenziali effetti benefici dal trattamento con onde d’urto posso aversi non solo sul callo osseo nelle fratture, ma anche sull’osso cosiddetto “ischemico” (talora addirittura necrotico), con conseguente possibilitĂ  di implementare la vascolarizzazione e migliorare le condizioni tissutali locali.

Le indicazioni al trattamento con onde d’urto sono: tendinopatie calcifiche e non calcifiche, algodistrofia e periostite.
La terapia si effettua mediante l’utilizzo di apparecchiature (litotritori) in grado di generare le onde d’urto e di focalizzarle sulla “zona bersaglio”. Il trattamento viene eseguito ambulatorialmente, senza anestesia, da personale medico, in un numero di tre sedute a distanza di 15 giorni circa una dall’altra, della durata abituale di pochi minuti.
La terapia ad onde d’urto non richiede alcuna preparazione.

Altri campi di applicazione nel dettaglio:

Affezioni infiammatorie e genenerative dei tendini, a vari livelli: in particolare: la cuffia dei rotatori a livello della spalla (con o senza calcificazioni); il tendine rotuleo nel ginocchio; il tendine di Achille a livello del piede; sempre nel piede: l’infiammazione all’inserzione della fascia plantare (la cosiddetta “spina calcaneare dolorosa”); al gomito: epicondilite ed epitrocleite (“gomito del tennista” e “del golfista” rispettivamente), etc.
Possono essere trattate con successo sia patologie in fase acuta (quindi anche molto dolenti), sia in fase cronica (cioè presenti da più lungo tempo).
In alcuni pazienti (specie se in fase acuta), i benefici possono essere apprezzati anche abbastanza precocemente; per questo motivo, tale terapia trova valido campo di utilizzo anche fra gli sportivi (professionisti e non), per la possibilità di una più rapida guarigione e ritorno alle attività agonistiche. In taluni casi, la terapia ad onde d’urto può essere considerata un sostituto alla terapia chirurgica, laddove ovviamente non vi siano lesioni vere e proprie del tendine, che, per guarire, necessitino di un ripristino dell’integrità anatomica. In taluni altri casi, la terapia ad onde d’urto può anche essere utilizzata come valido complemento alla terapia chirurgica, per debellare eventualmente uno stato di infiammazione residua (laddove per esempio vi siano dolori persistenti).
Pseudoartrosi e ritardi di consolidazione (mancata guarigione di una frattura). Per queste patologie, ormai da alcuni anni, la terapia ad onde d’urto viene proposta come valida alternativa all’intervento chirurgico.Laddove vi siano i requisiti richiesti per la guarigione, la percentuale di successo può anche essere elevata. Da qui la necessità di studiare con opportuni esami radiografici (eventualmente anche con esame TAC) ciascun caso clinico da selezionare per il trattamento: in particolare la stabilità o meno di eventuali mezzi di sintesi (chiodi, viti, placche o fissatori esterni), precedentemente applicati.
Il requisito fondamentale per la guarigione infatti è che il focolaio di pregressa frattura o di pseudoartrosi, subito dopo la stimolazione con onde d’urto, sia immobilizzato per un adeguato periodo di tempo (in media 30 giorni): a tal fine, si possono applicare apparecchi gessati o tutori; viene prescritto “scarico” con ausilio di stampelle, se trattasi di arti inferiori.
Necrosi ossee. Il trattamento con onde d’urto è particolarmente efficace in fase molto precoce (visibile praticamente solo con Risonanza Magnetica). Nelle fasi piĂą avanzate, quando il processo di degenerazione ossea è ben evidente anche all’esame radiografico, la terapia con onde d’urto può essere efficace per il controllo della sintomatologia dolorosa ed eventualmente per evitare un ulteriore peggioramento della necrosi stessa.

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