La patologia pubalgica è stata, molto spesso, attribuita, a torto, alla sola pratica del football d’alto livello ma,

in realtà, molte altre pratiche sportive possono determinare l’insorgere di questo tipo di affezione. Nel corso degli ultimi quindici anni sono stati fatti molti progressi relativamente all’analisi clinica, etiopatologica, trattamento e prevenzione della pubalgia.
Il merito, davvero particolare, di C.Gal è stato quello di aver saputo realizzare una sintesi dei diversi aspetti che può assumere la patologia. Egli ha saputo suggerire, inoltre, con molta precisione, quella che deve essere la procedura diagnostica, approfittando della sua grande esperienza in quanto kinesiterapeuta ed osteopata, senza dimenticare l’importanza dell’esame clinico e degli esami complementari. Quest’opera, essenzialmente pratica, è indirizzata a tutti gli appassionati di sport e a tutti coloro che operano per tutelare la salute degli atleti.
In quest’opera si è cercato di combinare le indicazioni teoriche con le conoscenze pratiche raccolte, realizzando una sintesi minuziosa degli studi effettuati nei laboratori e nei centri sportivi di vari paesi (Germania, USA, Italia, Francia ed ex Unione Sovietica) dove sono state studiate le patologie di ogni tipo pubalgico derivate dalla pratica sportiva. Inoltre sono riportati i risultati ottenuti presso il Centro di Rieducazione di Nizza.
I risultati ottenuti vengono quindi offerti ad atleti, allenatori, kinesiologi, fisioterapisti e medici con criteri di intervento semplici e originali e con lo scopo di migliorare le capacità di performance degli atleti. Ma, soprattutto, lo scopo principale è quello di “sradicare” da stadi e palestre questa affezione denominata “pubalgia” che, negli anni 70/80, è stata la patologia che tutti i calciatoroi più temevano perché, prima di poterla definire concretamente, venivano attuati i criteri terapeutici più disparati ed impensati, dall’auricoloterapia all’ablazione del dente del giudizio, passando attraverso anche a regimi alimentari particolari!
Come potrete apprendere, leggendo questo libro, il trattamento di questa patologia può essere affrontato in modi diversi e vengono illustrati i diversi approcci possibili e le diverse tecniche operative:
– in kinesiterapia, quale criterio preventivo e di trattamento conservativo;
– in ambito chirurgico, quale criterio di trattamento dopo l’intervento;
nella preparazione fisica, quale criterio profilattico mediante l’utilizzo di programmi di potenziamento e di scioltezza muscolare ed articolare.

Per pubalgia, o meglio sindrome rettoadduttoria, si intende quella patologia dolorosa degli sportivi che si manifesta a livello della zona pubica e\o inguinale. Tale sindrome non è rara in alcune discipline sportive come la pallamano, l’hockey su ghiaccio e prato e gli sport in cui si utilizzano i pattini, lo sci di fondo, il rugby, ma è nel calcio che raggiunge la sua più alta incidenza, proprio perché è in questo sport che si verifica una enorme sollecitazione delle strutture osteotendinee della regione pubica. Quindi quando parliamo di pubalgia non intendiamo una patologia traumatica acuta, bensì di una sindrome da sovraccarico, il cosiddetto “over-use” degli anglosassoni. A livello dell’osso pubico si inseriscono mediante i loro tendini i muscoli retto dell’addome e grande obliquo, gli adduttori lungo e breve e il muscolo gracile. Nello sport del calcio, fatto essenzialmente di scatti brevi, accelerazioni, finte e tiri, questi muscoli vengono utilizzati in maniera vigorosa, determinando notevoli sollecitazioni nel punto dove i loro tendini si inseriscono sull’ osso pubico (giunzione osteotendinea), fino a poterne provocare una infiammazione, responsabile della sintomatologia dolorosa.
I fattori favorenti l’insorgenza della sindrome rettoadduttoria, oltre al sovraccarico, possono essere una non adeguata preparazione atletica eventualmente associata al sovrappeso dell’atleta, i terreni troppo duri, quelli troppo pesanti (fango) o quelli sconnessi, i tacchetti molto rigidi. La pubalgia si manifesta con dolore a livello della regione pubica o inguinale, che insorge quando le strutture infiammate vengono messe in tensione, quindi durante l’attività sportiva, nell’atto di calciare o di compiere uno scatto od un cambio di direzione in corsa. Nei casi più gravi vi possono essere fastidi anche a riposo. Il dolore si può anche irradiare verso la regione interna della coscia, verso il testicolo, verso la regione addominale o perineale. Per tali motivi sarà bene sottoporsi ad un controllo specialistico per escludere la presenza di altre patologie che possono simulare una sindrome rettoadduttoria. La terapia della pubalgia si basa sulla sospensione della attività sportiva, sull’assunzione di farmaci antiinfiammatori non steroidei e sulla fisioterapia antalgica (p.e. laserterapia, ionoforesi). Nei casi più resistenti risultano efficaci le infiltrazioni locali di corticosteroidi. Un aspetto tipico delle sindromi rettoadduttorie è l’andamento alternante del dolore con fasi di remissione che permettono la ripresa dello sport, anche se, come accade spesso, è sufficiente una sollecitazione più intensa per risvegliare acutamente la sintomatologia che sembrava scomparsa. Ecco perché una volta che pensiamo di essere guariti, è bene procedere molto gradualmente con i carichi di lavoro per ottenere un buon recupero fisico. Alla base della prevenzione della pubalgia vi è lo stretching dei muscoli adduttori e l’evitare impegni sportivi troppo gravosi in terreni non idonei.