Sovraccarico Funzionale Muscoli Adduttori

(Curato da Gudo De Luca – Fisioterapista)

Nella funzione di adduzione dell’anca la muscolatura primaria coinvolta, quella cioè che determina lo spostamento del femore, è composta da quattro muscoli: adduttore lungo, grande adduttore, adduttore breve e muscolo pettineo. A sostegno di questo gruppo muscolare primario intervengono durante la funzione anche altri muscoli: il gracile e parte delle fibre inferiori del grande gluteo.

L’adduttore lungo, data la sua estensione e la grande partecipazione sembra essere il muscolo più colpito da infortunio o sovraccarico funzionale. I tendini dell’adduttore lungo, dove l’origine parte dall’osso del pube, e l’inserzione  è situata posteriormente a metà della diafisi del femore, si prestano facilmente alle sollecitazioni generate dai vari sport, calcio, lotta, tennis, etc. Essendo quindi un muscolo che partecipa comunque alle diverse traiettorie espresse dall’arto inferiore, non si rado viene facilmente esposto al sovraccarico funzionale, con conseguente infiammazioni delle regioni di inserzione tendinea prossimale o/e nella regione muscolo-tendinea sempre prossimale.

La sintomatologia insorge e si insidia già durante le fasi di allenamenti intensivi, successivamente anche durante una normale seduta di allenamento, la localizzazione del dolore è all’origine o come detto al passaggio mio-tendineo, ma può facilmente irradiarsi all’inguine.

Questa infiammazione spesso tormenta gli atleti di tutti i livelli che faticano ad uscire da un circolo vizioso determinato da fasi di buona e cattiva convalescenza, per cui alternano fasi discretamente funzionali a riacutizzazioni della stessa infiammazione con dolore netto e evidente riduzione della contrattilità muscolare. Non di frequente gli errori sono da ricercare in un inadeguato programma di allenamento, dove non sono state osservate le giuste misure preventive tese alla forza e alla flessibilità, attraverso curati programmi che osservano riscaldamento allenamento personalizzato e defaticamento come parte integrante di un buon allenamento.

 Nelle fasi iniziali dell’infiammazione l’atleta osserva riposo e pratica terapia farmacologica antinfiammatoria non steroidea, le infiltrazioni cortico-steroidee nella regione dell’inserzione sono generalmente prescritte nei casi cronici o in infiammazioni particolarmente insediate o semplicemente refrattarie ai trattamenti riabilitativi. La terapia strumentale si avvale di ipertermia, tecarterapia, ultrasuoniterapia, e altri strumenti capaci di produrre energia termica.

Le prime attività motorie, dopo la fase acuta, si propongono orientando l’atleta in piscina, livello dell’acqua alle ascelle e temperatura di 32°/33°, per tre settimane si genera un programma di ripresa progressiva al carico con l’integrazione di esercizi contro resistenza per la forza, come anche lo stretching cauto, osservando sempre il coinvolgimento globale della motricità. Soltanto dopo  tre settimane di piscina si lavora in palestra in catena cinetica chiusa, intensificando le attività tese alla forza e alla flessibilità. Lo stretching viene eseguito cautamente anche in palestra ed è parte integrante del programma di lavoro.

La ripresa delle attività varia da uno a tre mesi, a seconda della gravità del quadro clinico, generalmente i tempi dipendono dal grado di severità dell’infiammazione, spesso prodotta dall’atleta per non aver sospeso le attività alla prima sintomatologia. I casi cronici possono richiedere tempi lunghi, l’altalenarsi delle attività in acqua con quelle di palestra, saranno il programma di lavoro da osservare in sintonia con la sintomatologia dolorosa.

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