Spondilosi Cervicale

(Curato da Guido De Luca – Fisioterapista)

La stenosi vertebrale, cioè la riduzione del diametro del canale vertebrale, è spesso conseguenza di patologie come la spondilosi cervicale. Il midollo assume un aspetto a corona di rosario, con diametri vertebrali vistosamente inferiori alla norma. La produzione di becchi osteofitici produce una deformazione permanente, l’ossificazione poi del legamento longitudinale posteriore ed eventualmente ipertrofia del legamento giallo, si aggregano al quadro clinico. In RMN si nota il caratteristico aspetto a fagiolo.

La sofferenza midollare produce una sintamatologia  di natura neuromotoria agli arti superiori, ed agli arti inferiori, deboli e rigidi, tali da alterare notevolmente la qualità del cammino e della postura, non di rado si possono avere associati deficit sensitivi dovuti alla compressione del legamento giallo ipertrofico.

Il danno neuromotorio esprime difficoltà progressiva della deambulazione, spesso intervallata da episodi ciclici. La presenza di alterazioni del microcircolo midollare causa spesso una sindrome midollare centrale caratterizzata da atrofia agli arti superiori. Il rilievo di segni radicolari pregressi depongono per la mielopatia spondilosica.

Se nell’ernia molle prevalgono i segni radicolari, come ad esempio dolore e debolezza al braccio, in caso di ernia dura bisogna distinguere l’interessamento radicolare da quello midollare. Infatti l’osteofitosi marginale spondilosica è strettamente associata alla sofferenza del midollo spinale e coinvolgimento degli arti inferiori. Per una adeguata diagnostica già la radiografia del rachide cervicale mostra gli indizi di una sofferenza radicolare o midollare per la presenza di osteofiti e per il restringimento del canale vertebrale.

Si rende comunque necessaria una RMN che permette di valutare il rapporto del midollo col canale cervicale e delle radici col forame di comiugazione, sia in proiezione assiale che sagittale.

Come trattamento si mira al controllo dell’infiammazione e del dolore. I farmaci più comunemente impiegati sono i FANS (farmaci antinfiammatori non steoirdei). Quando si vuole un’azione più intensa si possono associare cortisonici ed antidolorifici. Spesso sono presenti spasmi muscolari che vengono gestiti con farmaci miorilassanti. La sintomatologia peggiora durante le azioni meccaniche, quindi si preferisce, nelle fasi di acutizzazione l’utilizzo di un collarino protettivo.

La fisioterapia assiste questa categoria di pazienti con trattamenti conservativi periodici, strutturati da lavori di pompage fasciale e mio-fasciale associati alla terapia strumentale (elettroanalgesia, laserterapia), riducendo l’assunzione di farmaci, non sempre però il trattamento conservativo risulta efficace per cui in alcuni casi si rende necessario l’intervento chirurgico per la rimozione del disco intervertebrale e/o degli eventuali becchi osteofitici.

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